LAVANDERIA FACCHINI: IL 15 LO STOP

Lavanderia Facchini di San Benedetto Po: il 15 ottobre lo stop produttivo.

La notizia arriva dalla Filctem CGIL e dalla Femca Cisl che hanno ricevuto direttamente dalla proprietà (gruppo Cegalin di Vicenza) che ha acquisito la storica Lavanderia Facchini di S.Benedetto Po nel 2012,

la comunicazione del fermo produttivo per l’intero stabilimento a partire dal 15 ottobre 2014, senza attivazione della procedura di licenziamento collettivo. La scelta di chiusura dei settori produttivi (Lavanderia Facchini attualmente vede occupati solo le figure amministrative e commerciali) è stata imputata dalla proprietà attuale ai costi di lavorazione troppo alti, che impedivano un reale guadagno rispetto ai prezzi di mercato del settore, condizione che ha esposto la società ad un forte indebitamento. I 55 dipendenti attualmente occupati hanno visto delocalizzare in province vicine la lavorazione dei maggiori clienti gestiti dalla Lavanderia Facchini fino a questa primavera, assistendo ad una continua emorragia di lavoro, a favore delle vicine province di Milano, Brescia, Vicenza, Bologna, dove, a detta della proprietà, cedendo a lavanderia terze la lavorazione dei propri clienti, i costi gestionali risultano più bassi rispetto alla lavorazione interna. Restano dei dubbi su quali contratti di lavoro vengano applicati in queste realtà produttive, tali da determinare una differenza così forte. L’anomalia di questa situazione aziendale è la dichiarazione da parte della proprietà di una pacchetto clienti pari a 3 milioni e mezzo, e contestualmente la ferma volontà di delocalizzare il lavoro nelle italianissime provincie del nord Italia, a partire dalla vicinissima Rivoltella del Garda. Una scelta che determina una grave perdita di occupazione, quasi totalmente femminile e al di sotto dei 35 anni, in una realtà territoriale come il comune di S. Benedetto Po, dove l’impatto sociale è paragonabile alla chiusura della Ies a Mantova. Negli ultimi anni le lavoratrici e le Organizzazioni Sindacali si sono impegnati in accordi volti a favorire un’organizzazione del lavoro elastica e rispondente alle necessità del mercato, facendosi carico di sacrifici importanti e dimostrando un comportamento responsabile, oltre che un forte senso di solidarietà tra generazioni di lavoratrici, e una partecipazione attiva nella vita dell’azienda. Nonostante questo, oggi rileviamo che il problema non è il costo del lavoro, né la rigidità dei contratti nazionali di lavoro, ma scelte imprenditoriali superficiali e miopi, che in questi anni hanno cercato esclusivamente di comprimere il costo di lavoro anziché preoccuparsi di investire nella sostituzione di impianti obsoleti o nel cercare una gestione sana dell’azienda. Oggi ci troviamo di fronte all’ennesimo comportamento incivile, in cui la Direzione aziendale, a fronte della chiusura dello stabilimento, non si preoccupa di attivare la procedura di licenziamento collettivo, con la conseguenza che i lavoratori coinvolti sono nella condizione di non avere un’occupazione e non poter chiedere l‘indennità di disoccupazione. Al tavolo di crisi le organizzazioni sindacali hanno proposto di valutare uno studio di fattibilità in merito alla creazione di un progetto di autoimprenditorialità, ossia la creazione di una cooperativa costituita da ex lavoratori che gestisca le commesse di lavoro oggi delocalizzate dalla Lavanderia Modernissima di Rivoltella del Garda, con l’obiettivo cercare ogni soluzione utile a garantire la continuità della produzione della storica lavanderia aperta nel lontano 1969 e trovare soluzioni possibili di rioccupazione del personale coinvolto. Filtem CGIL e Femca Cisl non si rassegnano davanti a questa paradossale quanto inverosimile situazione, dove le industrializzate Milano, Bologna, Brescia diventano, al pari della Cina, le concorrenti temibili in termini di costo del lavoro e causa del fermo produzione della Lavanderia Facchini.

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